LE STRUTTURE SANITARIE DEVONO RENDERE NOTE QUALI SONO LE LINEE GUIDA SEGUITE?
Con il proliferare dei casi di
malasanità è in forte aumento il numero di cause intentate nei confronti dei
medici e delle strutture sanitarie che in esse operano.
Si ripropone prepotentemente l’annoso
problema relativo ai rapporti tra la classe forense e la classe medica e con
esso le accuse reciproche tra le due categorie. La prima in forte difficoltà a
causa dell’inflazionarsi della professione forense; la seconda tra l’incudine
della responsabilità penale ed il martello della responsabilità erariale derivante
da eccesso di prescrizioni (c.d. medicina difensiva).
Se è vero che esistono nell’ambito
della professione forense soggetti che non sempre corrispondono ai canoni di
correttezza voluti dal codice deontologico, è anche vero che esistono medici
non all’altezza dei compiti loro affidati. Ad ogni modo, la parte meno tutelata
è sempre la più debole, vale a dire il cittadino.
Orbene, analizzando il decreto
Balduzzi emerge la necessità di un completamento della normativa relativa alla
responsabilità medica. Una simile necessità deriva dalla mancanza di chiarezza
di codesta normativa.
L’articolo tre del sopra menzionato
decreto stabilisce che “L'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria
attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità
scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta
comunque fermo l'obbligo di cui all'articolo 2043 del codice civile. Il
giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente
conto della condotta di cui al primo periodo”. Il primo interrogativo da sottoporre
alla cognizione dei lettori è: “A chi spetta il compito di stabilire quali sono
le linee guida che ogni medico deve seguire nello svolgimento della propria
attività?”.
Un simile compito non può essere
sicuramente attribuito al parlamento. Infatti, a fronte di una rapida
evoluzione della scienza medica si ha un’eccessiva lentezza del nostro
principale organo legislativo. Pertanto, una legge che abbia l’ambizione di
regolare tale materia risulterebbe obsoleta in tempi eccessivamente brevi.
Tale incombenza potrebbe essere
affidata ad un comitato di esperti appositamente creato. Questa soluzione però
non è di semplice e rapida attuazione, poiché essendo la materia alquanto complessa
non sarebbe agevole trovare un accordo.
Quale è allora la soluzione migliore?
La soluzione migliore sarebbe quella
di imporre ad ogni struttura sanitaria, pubblica o privata che sia, l’obbligo
di rendere noto, per esempio attraverso il proprio sito web, quali sono le
linee guida seguite nelle attività di cura del paziente. Così facendo, il
medico che pone in essere qualsivoglia attività diagnostica o terapeutica è
tenuto a rispettare le linee guida individuate dalla struttura sanitaria in cui
la sua attività è svolta, dovendosene distaccare solamente qualora lo
richiedano le peculiarità del caso specifico.
Una simile impostazione porterebbe in
caso di danno alla salute alla sussistenza di una sola responsabilità: o quella
contrattuale della struttura sanitaria, la quale sarebbe responsabile qualora
le linee guida prescelte risultino obsolete o, comunque, non adeguate al caso
concreto; ovvero, quella del medico, la cui responsabilità ex articolo 2043
c.c. si configurerebbe nel momento in cui lo stesso non rispetti le linee guida
individuate e quindi imposte dalla struttura sanitaria di appartenenza, sempre
che tali linee guida siano realmente accreditate presso la comunità scientifica
così come richiesto dal decreto Balduzzi nella sua attuale formulazione.
Ove, invece, nonostante le
peculiarità del caso concreto lo impongano, il medico non si discosti dalle
linee fissate dalla struttura sanitaria in cui opera, si configurerebbe a suo
carico una responsabilità penale per colpa grave.
Alla luce delle considerazioni svolte
si rende opportuna l’introduzione nel testo dell’articolo 3 del decreto
Balduzzi di un’integrazione subito dopo il primo comma: “Le strutture sanitarie devono rendere pubbliche le linee guida e le
buone pratiche accreditate presso la comunità scientifica che intendono seguire
nello svolgimento di attività diagnostiche e terapeutiche.
Il medico deve rispettare le linee guida prescelte dalla struttura
sanitaria in cui opera, dovendosene discostare qualora lo richiedano le
peculiarità del caso concreto”.
Appare evidente che la responsabilità
penale per colpa grave, non esclusa dall’attuale primo comma del sopra citato
articolo 3, dovrà considerarsi sussistente sia qualora le linee guida prescelte
dalla struttura sanitaria (ove realmente accreditate presso la comunità
scientifica) non vengano rispettate, sia qualora siano seguite laddove il caso
concreto richieda il contrario. Tale decisione è rimessa all’esperienza
professionale del medico.
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