mercoledì 12 novembre 2014

IL DECRETO BALDUZZI NECESSITA DI ESSERE INTEGRATO.


LE STRUTTURE SANITARIE DEVONO RENDERE NOTE QUALI SONO LE LINEE GUIDA SEGUITE?

Con il proliferare dei casi di malasanità è in forte aumento il numero di cause intentate nei confronti dei medici e delle strutture sanitarie che in esse operano.
Si ripropone prepotentemente l’annoso problema relativo ai rapporti tra la classe forense e la classe medica e con esso le accuse reciproche tra le due categorie. La prima in forte difficoltà a causa dell’inflazionarsi della professione forense; la seconda tra l’incudine della responsabilità penale ed il martello della responsabilità erariale derivante da eccesso di prescrizioni (c.d. medicina difensiva).
Se è vero che esistono nell’ambito della professione forense soggetti che non sempre corrispondono ai canoni di correttezza voluti dal codice deontologico, è anche vero che esistono medici non all’altezza dei compiti loro affidati. Ad ogni modo, la parte meno tutelata è sempre la più debole, vale a dire il cittadino.
Orbene, analizzando il decreto Balduzzi emerge la necessità di un completamento della normativa relativa alla responsabilità medica. Una simile necessità deriva dalla mancanza di chiarezza di codesta normativa.
L’articolo tre del sopra menzionato decreto stabilisce che L'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l'obbligo di cui all'articolo 2043 del codice civile. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo”. Il primo interrogativo da sottoporre alla cognizione dei lettori è: “A chi spetta il compito di stabilire quali sono le linee guida che ogni medico deve seguire nello svolgimento della propria attività?”.
Un simile compito non può essere sicuramente attribuito al parlamento. Infatti, a fronte di una rapida evoluzione della scienza medica si ha un’eccessiva lentezza del nostro principale organo legislativo. Pertanto, una legge che abbia l’ambizione di regolare tale materia risulterebbe obsoleta in tempi eccessivamente brevi.
Tale incombenza potrebbe essere affidata ad un comitato di esperti appositamente creato. Questa soluzione però non è di semplice e rapida attuazione, poiché essendo la materia alquanto complessa non sarebbe agevole trovare un accordo.
Quale è allora la soluzione migliore?
La soluzione migliore sarebbe quella di imporre ad ogni struttura sanitaria, pubblica o privata che sia, l’obbligo di rendere noto, per esempio attraverso il proprio sito web, quali sono le linee guida seguite nelle attività di cura del paziente. Così facendo, il medico che pone in essere qualsivoglia attività diagnostica o terapeutica è tenuto a rispettare le linee guida individuate dalla struttura sanitaria in cui la sua attività è svolta, dovendosene distaccare solamente qualora lo richiedano le peculiarità del caso specifico.
Una simile impostazione porterebbe in caso di danno alla salute alla sussistenza di una sola responsabilità: o quella contrattuale della struttura sanitaria, la quale sarebbe responsabile qualora le linee guida prescelte risultino obsolete o, comunque, non adeguate al caso concreto; ovvero, quella del medico, la cui responsabilità ex articolo 2043 c.c. si configurerebbe nel momento in cui lo stesso non rispetti le linee guida individuate e quindi imposte dalla struttura sanitaria di appartenenza, sempre che tali linee guida siano realmente accreditate presso la comunità scientifica così come richiesto dal decreto Balduzzi nella sua attuale formulazione.
Ove, invece, nonostante le peculiarità del caso concreto lo impongano, il medico non si discosti dalle linee fissate dalla struttura sanitaria in cui opera, si configurerebbe a suo carico una responsabilità penale per colpa grave.
Alla luce delle considerazioni svolte si rende opportuna l’introduzione nel testo dell’articolo 3 del decreto Balduzzi di un’integrazione subito dopo il primo comma: “Le strutture sanitarie devono rendere pubbliche le linee guida e le buone pratiche accreditate presso la comunità scientifica che intendono seguire nello svolgimento di attività diagnostiche e terapeutiche.
Il medico deve rispettare le linee guida prescelte dalla struttura sanitaria in cui opera, dovendosene discostare qualora lo richiedano le peculiarità del caso concreto”.
Appare evidente che la responsabilità penale per colpa grave, non esclusa dall’attuale primo comma del sopra citato articolo 3, dovrà considerarsi sussistente sia qualora le linee guida prescelte dalla struttura sanitaria (ove realmente accreditate presso la comunità scientifica) non vengano rispettate, sia qualora siano seguite laddove il caso concreto richieda il contrario. Tale decisione è rimessa all’esperienza professionale del medico.






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